Il Nadir: la soglia del nostro cielo interiore
Le case, hanno una doppia chiave interpretativa che da un lato riguarda la percezione di un susseguirsi
di fasi nel Tempo e nello Spazio, dall’altra comprende invece le implicazioni più impalpabili delle Leggi
universali celate dietro l’apparenza di ogni fenomeno; in questo senso, il Nadir,
inteso come porta dell’anima intima e imperscrutabile, invisibile ai meccanismi solo razional-causali,
torna ad essere tangibile e spiegabile, attraverso l’intendere controintuitivo proprio dei sistemi eterici,
tipici del sistema simbolico (linguaggio astrologico) che tende a suggerire i livelli maggiormente sottili
di rapporto e compenetrazione di una parte (Nadir) nel Tutto (olismo).
Bisogna capire che l’Uomo vive
lo zodiaco nel suo complesso anche se si accorge di appartenervi solo attraverso le singole tappe: i transiti planetari sulle posizioni natali sollecitano una zona specifica che però non è mai scissa dall’insieme di cui fa parte, e lo capiremmo sempre di più, se avessimo in noi la visione del centro dal quale emergiamo e nel quale ci fonderemo migliori e più grandi solo se saremo in grado d’interpretare il nostro cielo interiore. Questo difficile cambio di dimensione corrisponde ineluttabilmente all’approdo ad uno stato di coscienza diverso in cui deve emergere un senso superiore di consapevolezza
L’Uomo che abbia
imparato a navigare nei simboli e nel simbolico, sia esso astrazione artistica, linguaggio antico, fotografia
illuminata, matematica dei numeri, archetipi mistici e miti arcaici, tramite la voce impalpabile della metafora e dell’analogia tenderà a richiamare il suono di quelle idee eterne e senza tempo: allora, e solo allora,
gli dèi ricompaiono e ripopolano la geografia di ogni luogo terrestre così come della mente rinvigorendone
i veri significati dell’essere e dell’essenza di cui è fatto, nella sua interezza e totalità, l’Uomo.
Solo la “vista interiore”, il Nadir simbolico, sprofondato astronomicamente sotto i nostri piedi, quelli dell’ipotetico osservatore, posto sulla Terra, è in grado di tuffarsi nell’abisso della nostra vera origine e ogni volta che raggiungiamo una consapevolezza nuova su alcune parti di noi, rubiamo una porzione di terreno alla nostra sconfinata ignoranza: non troveremo mai “Artù” utilizzando le sole “rozze” speculazioni storico-scientifiche, lo incontreremo solo cercando in quell’abisso senza tempo e se il Graal poi è il vaso magico dei Celti o il calice con il sangue di Cristo è davvero importante? Rimane invero, il luogo ineffabile della conoscenza sacra che unisce l’uomo al divino tramite il contatto archetipo che il Nadir sottende, una volta ne fossimo venuti a conoscenza consapevole……
Dice con grande intuizione Isacco di Ninive : “ Sforzati di entrare nella cella del tesoro che è dentro di te e
vedrai quella che è in cielo; l’una e l’altra sono un’unica cella. La scala che conduce al Regno è nascosta
dentro di te, nella tua anima. Tu immergiti in te stesso e lì tu troverai i gradini per i quali salire”.
La discesa negli abissi è necessaria per poter salire ai Cieli, come è indicato in tutte le tradizioni iniziatiche e
proprio come indica il sistema simbolico astrologico che fa capo a Plutone, quale grande significatore degli
abissi dell’inconscio e di tutto ciò che circonda la trasformazione dell’anima: l’uomo non può e soprattutto
non vuole vedere le sue tenebre, così come i cadaveri psichici fertilizzano i territori inconsci, crescendo a
dismisura proprio perché si muovono nell’Ombra che li dilata e li rinforza e Plutone, con la sua energia
violenta e trasformatrice rappresenta un catalizzatore che obbliga l’essere umano a togliersi la “maschera”.
La parola “understand”, comprensione, leggevo tempo fa, e riflettevo che è formata da under cioè sotto, e stand cioè stare, suggerisce che per comprendere è necessario calarsi, sottomettersi: passare dal regno di Zeus a quello di Ade; deità queste tuttaltro che antitetiche ma assolutamente complementari perché l’Unità, la Totalità non potranno mai essere raggiunte escludendo una parte dell’essenza del regno rappresentato. Ed è proprio al Nadir che l’es-
sere può e dovrebbe avere l’esperienza del centro: il centro della propria personalità globale e totale. Senza
questa capacità un individuo non potrà mai dimostrare pienamente la sua statura di Uomo (Zenit): rimarrà una
creatura dello strato superficiale del suolo produttivo che costituisce la superficie della terra. (cfr. G. Pandolfi)
Il Nadir astronomico (e non la IV Casa terrestre) è un punto, che in psicologia, si può definire dell’introspezione, inteso in tutto il suo spettro di significati, dal training autogeno alla psicoanalisi, dalla meditazione alla contem-
plazione : è il luogo dell’Anima, dove s’incontra e si ritrova se stessi. Non è dove inizia la vita individuale: biologica attraverso la gestazione; sociale, attraverso la costituzione della famiglia come prima cellula della società cosmica, attraverso l’unione col Principio Universale che dà la Vita. Questo è il fondo cielo (I.C.) E’ il luogo delle origini, che in senso
psicoanalitico, significa innanzitutto il luogo della gestazione (l’utero materno in analogia con la caverna): studiando a fondo la IV^ Casa – segno, pianeti presenti, dispositori, aspetti- si possono avere, infatti, importanti informazioni sulla propria gestazione, sulle condizioni emotive, psicofisiche e contingenti, vissute dalla madre durante la gravidanza. Condizioni che, a buon bisogno, sono state percepite e vissute ugualmente dall’individuo, con lo stesso impatto emotivo (ma senza la difesa della consapevolezza) lasciando nell’intimo dell’anima una cicatrice incancellabile. Questi sono i motivi di differenza archetipo-concettuale tra la Quarta casa e il Nadir, grado, minuto e secondo. La IV^ casa vede bene e definisce il campo dell’intimità “esteriore”, biologico-chimica in particolare estrinseca; il Nadir, rappresenta la profondità archetipa, “l’oscurità”in ogni sua forma e significato intrinseco (cantina interiore, caverna ancestrale,,utero oscuro… ecc) che deve essere illuminata, cioè recuperata alla coscienza.
Ora, compito principale della migliore psicologia, è quello di “recuperare” il tempo della gestazione per tentare di riappropriarsi di parti di Sé necessarie alla propria individuazione: ricordare quindi, ma ricordare è sinonimo di ri-membrare, che sta a significare il senso di riunire ciò che è sparso, di rimettere insieme le membra per conseguire l’interezza dell’essere, dell’individuo (per etimo significa indivisibile, che non si può dividere), e trovare conseguentemente il proprio centro, il punto fermo, “l’ombelico”, che non per caso, è la cicatrice dell’antico legame con la madre, precedente al taglio del cordone ombelicale per mezzo del quale si diviene finalmente, o meglio, si dovrebbe divenire, un essere separato e unico che entra a far parte del mondo. L’uomo da sempre, cerca attorno alla sua nascita i motivi veri e profondi della sua esistenza e quindi le chiavi della sua innata innocenza. Per questo in psicoanalisi c’è ad oggi una buona diffusione di tecniche e conoscenze operative come il Rebirthing, che consentono di far riaffiorare alla coscienza le condizioni prenatali e a volte il vero momento “drammatico” del parto.
Roma 23.11.2010 Redazione de’ ilNadir