Astrologia Cinema e Arte

Avatar: un significato plutonico a 3D

AVATAR o AVATARA è UN TERMINE che deriva dalla lingua sanscrita e significa “disceso”; nella tradizione religiosa induista consiste nella deliberata incarnazione di un Deva o del Signore stesso, in un corpo fisico al fine di svolgere determinati compiti  Presso la religione induista un avatar o avatara è l’assunzione di un corpo fisico da parte di Dio o di uno dei Suoi aspetti.

 

avatar

Avatar, lo strepitoso film in 3-D di James Cameron, è profondo e al tempo stesso profondamente insulso. Profondo perché, come la maggioranza dei film sugli alieni, è una metafora sul contatto fra culture diverse. Ma in questo caso la metafora è cosciente e precisa: questa è la storia dello scontro fra gli Europei e le popolazioni native dell’America. È anche profondamente insulso perché architettare un lieto fine richiede un impianto narrativo così stupido e prevedibile da far perdere di vista il pathos intrinseco del film. La sorte dei nativi americani è molto più aderente a quel che la storia racconta in un altro recente film, The Road, nel quale i sopravvissuti fuggono in preda al terrore, votati come sono all’estinzione.

Ma questa è una storia che nessuno vuole sentire, poiché rappresenta la sfida al modo in cui noi scegliamo di essere noi stessi. L’Europa è stata massicciamente arricchita dai genocidi nelle Americhe; e sui genocidi si fondano le nazioni americane. Questa è una storia che non possiamo accettare.

Nel suo libro American Holocaust, lo studioso statunitense David Stannard documenta i maggiori episodi di genocidio di cui il mondo abbia mai avuto conoscenza. Nel 1492, nelle Americhe vivevano all’incirca 100 milioni di nativi. Alla fine del XIX secolo, quasi tutti erano stati sterminati. Molti di loro erano morti a causa delle malattie. Ma l’estinzione di massa era stata accuratamente progettata.

Quando gli Spagnoli arrivarono nelle Americhe, descrissero un mondo che difficilmente avrebbe potuto essere più diverso dal loro. L’Europa era devastata dalle guerre, dall’oppressione, dalla schiavitù, dal fanatismo, dalle malattie e dalle carestie. Le popolazioni che gli Spagnoli incontrarono erano sane, ben nutrite, pacifiche (con qualche eccezione come gli Aztechi e gli Inca), democratiche ed egalitarie. Da un capo all’altro delle Americhe i primi esploratori, compreso Colombo, sottolinearono la straordinaria ospitalità dei nativi. I conquistadores furono affascinati dalle costruzioni mirabili — strade, canali, edifici — e alle opere artistiche che trovarono laggiù, e che in alcuni casi superavano di gran lunga qualsiasi cosa essi avessero mai visto in patria.

Niente di tutto questo li trattenne dal distruggere tutto e tutti sul loro cammino.

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La mattanza ebbe inizio con Colombo. Fu lui a massacrare la popolazione di Hispaniola (ora Haiti e Repubblica Dominicana)

La mattanza ebbe inizio con Colombo. Fu lui a massacrare la popolazione di Hispaniola (ora Haiti e Repubblica Dominicana) servendosi di mezzi incredibilmente brutali. I suoi soldati strappavano i bambini dalle braccia delle madri e ne spaccavano la testa contro le rocce. Davano in pasto ai loro cani da guerra bambini vivi. Una volta impiccarono 13 Indiani in onore di Cristo e dei suoi 12 apostoli, «ad un patibolo lungo, ma abbastanza basso da permettere alle dita dei piedi di toccare il terreno evitando lo strangolamento […]. Quando gli indiani furono appesi, ancora vivi, gli spagnoli misero alla prova la loro forza e le loro spade, li squarciarono in un solo colpo facendo fuoriuscire le interiora, e c’era chi faceva di peggio. Poi gettarono intorno della paglia e li bruciarono vivi» [cit. da Bartolomé de Las Casas, History of Indies, trad. e cura di Andree Collard, Harper&Row, New York 1971, p. 94, in: David E. Stannard, Olocausto americano. La conquista del Nuovo Mondo, Bollati Boringhieri 2001, p. 136].

Colombo ordinò che tutti i nativi consegnassero un certo quantitativo di oro ogni tre mesi: ogni volta che qualcuno non lo faceva, gli venivano mozzate le mani. Nel 1535 la popolazione nativa di Hispaniola era passata da 8 milioni a zero: una parte delle perdite era dovuta alle malattie, una parte alle uccisioni, ma la maggioranza era dovuta alla morte per fame.

I conquistadores dispiegarono la loro missione civilizzatrice nell’America centrale e meridionale. Quando non riuscivano a rivelare dove fossero nascosti i loro mitici tesori, gli indigeni venivano frustati, impiccati, affogati, squartati, sbranati dai cani, sepolti vivi o bruciati. I soldati tagliavano i seni delle donne, rimandavano i nativi ai loro villaggi con le mani e i nasi mozzati appesi attorno al collo a mo’ di collana, e cacciavano con gli Indiani con i loro cani per sport. Ma moltissimi vennero uccisi dalla schiavitù e dalle malattie.

Gli Spagnoli scoprirono che era più conveniente far lavorare gli Indiani fino alla morte e poi rimpiazzarli, piuttosto che tenerli vivi: l’aspettativa di vita nelle miniere e nelle piantagioni andava dai tre ai quattro mesi. Nel giro di un secolo dal loro arrivo, circa il 95% della popolazione dell’America Centrale e Meridionale era stata annientata.

Nel corso del XVIII secolo, in California, gli Spagnoli sistematizzarono questo sterminio. Il missionario francescano Junipero Serra impiantò una serie di “missioni”: si trattava in realtà di campi di concentramento che utilizzavano il lavoro degli schiavi. I nativi erano raggruppati a forza in squadre e fatti lavorare nei campi, con un quinto delle calorie concesse agli schiavi afro-americani nel XIX secolo. Morivano di stenti, di fame e di malattia con spaventosa rapidità, e venivano continuamente rimpiazzati liquidando così le popolazioni indigene. Junipero Serra, l’Eichmann della California, è stato beatificato dal Vaticano nel 1988. Adesso gli manca soltanto di aver operato un miracolo per essere fatto santo.

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Thomas Jefferson dichiarò che le guerre della sua nazione contro gli Indiani sarebbero proseguite finché ogni tribù non fosse stata «sterminata o sospinta al di là del Mississippi»

Mentre gli Spagnoli erano guidati soprattutto dall’avidità e dalla brama di oro,gli Inglesi che colonizzarono il Nord America volevano la terra. In New England essi accerchiarono i villaggi dei nativi americani e ne massacrarono gli abitanti mentre dormivano. Mentre dilagava verso occidente, il genocidio veniva giustificato e sostenuto ai massimi livelli. George Washington ordinò la totale distruzione degli insediamenti e della terra degli Irochesi. Thomas Jefferson dichiarò che le guerre della sua nazione contro gli Indiani sarebbero proseguite finché ogni tribù non fosse stata «sterminata o sospinta al di là del Mississippi».

In Colorado, nel corso del massacro di Sand Creek, nel 1864, truppe paludate sotto bandiere di pace trucidarono gente disarmata, uccidendo bambini e neonati, mutilando i corpi e strappando alle vittime i genitali per farne borse da tabacco o appenderli come ornamento ai loro cappelli. Theodore Roosevelt definì questo evento «un’azione legittima e giovevole come quelle che accadevano solitamente sulla frontiera».

La mattanza non è finita: il mese scorso il Guardian riportava che in Amazzonia occidentale dei rancheros brasiliani, dopo aver ridotto in schiavitù parte dei membri di una tribù della foresta, avevano tentato di uccidere i superstiti

Cionondimeno, i più grandi atti di genocidio della storia difficilmente turbano la nostra coscienza collettiva. Forse è questo che sarebbe accaduto se i Nazisti avessero vinto la seconda guerra mondiale: l’Olocausto sarebbe stato negato, giustificato o minimizzato nello stesso modo, e continuato. Le nazioni responsabili — Spagna, Gran Bretagna, Stati Uniti ed altri — non accetteranno il confronto, ma le soluzioni finali perseguite nelle Americhe sono state di gran lunga più efficaci. Coloro che le commissionarono o le avallarono sono e restano eroi nazionali o religiosi. Coloro che cercano di stimolare la nostra memoria sono ignorati o condannati.

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“Avatar” ci parla di una verità più importante — e più pericolosa — di quelle contenute in mille film indipendenti

Questo è il motivo per cui c’è chi odia Avatar. Sul Weekly Standard, John Podhoretz lamenta che questo film assomiglia a uno di quei «western revisionisti» in cui «gli Indiani diventano bravi ragazzi e gli americani teppisti» . Dice anche che questo spingerà gli spettatori a «fare il tifo per la disfatta dei soldati americani per mano dei ribelli». Ribelli è una parola interessante per definire il tentativo di resistere ad un’invasione: ribelle, come selvaggio, è il termine con cui definiamo qualcuno che ha qualcosa che noi vogliamo.

L’Osservatore Romano, ha bollato il film come «nient’altro che una parabola anti-imperialistica e anti-militaristica» .

Sul New York Times il critico liberal Adam Cohen celebra Avatar perché difende il bisogno di sapere la verità.

Esso rivela, dice lui, «il ben noto principio del totalitarismo e del genocidio — che è più facile opprimere quelli che non vediamo». Ma con meravigliosa e inconscia ironia egli deforma l’ovvia dirompente metafora, e sostiene che il film prende di mira le atrocità naziste e sovietiche. Siamo diventati tutti esperti nella nobile arte di non vedere.

Concordo con i critici sul fatto che Avatar è grossolano, stucchevole e banale. Ma esso ci parla di una verità più importante — e più pericolosa — di quelle contenute in mille film indipendenti.

LOGCA ASTROLOGICA

Un film scorpionico in tutto e per tutto, questo “AVATAR” E MI SEMBRA INUTILE SPIEGARNE LE MOTIVAZIONI  ASTROLOGICHE che si riassumono appunto nella profondità dell’azione scorpionica e plutonica, suo pianeta di riferimento, come mai sazi di verità da scoprire ovvere di bugie da raccontare: la necessità scorpionica di sapere le cose come stanno veramente e la capacità plutonica di realizzarne l’obiettivo a qualunque costo..!! Purtroppo sembra che gli States girino sempre lo stesso film, la struttura di base è sempre la stessa, cambia solo la scenografia. Le situazioni, i personaggi sono sempre gli stessi: il cow­boy con un sacco di problemi personali scelto dal fato per fare il lavoro sporco ma necessario, la bella principessa che si allea con il cow­boy, la scena in cui l’eroe sta per soccombere ma viene salvato da uno che colpisce alle spalle il cattivo, il bene e il male che sono sempre nettamente separati in una visione ultra manichea delle cose. Il male che è sempre brutto nei modi, nei versi, nell’aspetto; il bene che viene raffigurato sempre giovane, bello, divertente. Gli effetti speciali poi son sempre si all’alteza, son sempre da brivido ma .. ma la sostanza del film è sempre formata dalla stessa pappa..!! Allora, direte, cosa c’è da scoprire per i plutoniani del film..? Beh c’è innanzituto da comprendere che questa ricostruzione, per quanto vera per molti film americani, non lo è appieno per “Avatar”: motivo per il quale l’ho definito scorpionico. Bisogna interpretarne bene il racconto, sviluppato, a mio modo di vedere, plutonicamente cioè la parte visibile e comprensibile non è quella reale mentre quella reale non è la parte visibile..!! Tipico dell’invisibilità di Plutone, per i soli uomini..però..!! Tipico, astrologicamente parlando, della necessità d’invetire i significati profondi, di nasconderli agli occhi indiscreti, della dinamica scorpionica per poter poi risorgere più forte e più bello di prima…!! La verità raccontata da Avatar è un’altra..e, lo studio astrologico ci aiuta, come sempre, a comprenderne il sottile fil rouge che ne sottende il significato: la Terra-Pandora è la Pandora-Terra..!! I Na’vi, ci racconta questo film, vivono in armonia con il proprio ambiente fino a quando, però, non arrivano gli umani terrestri, con la loro avanzata tecnologia. Sono amministratori e soldati che rappresentano una specifica società/azienda, la quale vuole estrarre dal sottosuolo di “Pandora” un prezioso minerale chiamato Unobtainium…

Ora questo breve riassunto non vi fa ricordare nulla..? Siamo sicuri che siamo davanti al solito film dei bianchi buoni contro i cattivi indiani…? Plutone certamente non la pensa così..e neanche io..!!

Beh se avete la mente annebbiata o non riconoscete il preciso spunto aneddotico di questo film, provo a scaldarvi le meningi…! Vi dice nulla un certo Zecharia Sitchin e il suo libro capolavoro: “Il Pianeta degli Dei”..?? Vi dicono nulla i suoi scritti, peraltro famosi, ripresi dalle sue traduzioni lavorate sulle iscrizioni delle tavole sumere riguardo gli Anunnaki..? La storia di questa popolazione aliena praticamente si svolge allo stesso modo di quella rappresentata nel film: solo che invece degli Annunaki ad invadere la Terra-Pandora sono i terrestri ad invadere Pandora-Terra.., per estrarre il nostro oro utile alla loro sopravvivenza..Tecnicamente niente da dire, James Cameron dimostra ancora una volta di saper cogliere nelle immagini quella “qualita” che trasforma un lungometraggio in un’opera d’arte. Il suo cammino è costellato di grandi successi tra l’altro. Giunge, quindi, ancora una volta a presentare al pubblico qualcosa di spettacolare e riflessivo al contempo. Infatti su questo punto ero prevenuto prima che iniziassi a digerire il film, credevo che l’una precludesse l’altra. Di solito capita così.. Invece una bella sorpresa è stata la coniugazione di entrambi gli aspetti. Una tecnica, sopraffina, che rende Cameron, Leone di agosto del 54 (al trigono del Centro Galattico: così tanto per dire.!!.: non a caso c’è tra le star del film, la soubrette assoluta per i film sugli alieni, di cui Cameron è un nobile rappresentante: Sigourney Weawer) geniale in quello che fa e rende i suoi film “grandi”, è proprio quella di saper riproporre spesso all’occhio dello spettatore vasti paesaggi, forse per distrarlo dalle vere movenze del suo discorso..più nascosto o perlomeno nascosto ai più..disinformati..!! Fatto questo che contribuisce, non indifferentemente, a creare un senso di epicità ed emozione all’anima del film.. Certamente un piccolo appunto se si vuole, ma di fatto un “furbesco” artifizio: Il senso del film infatti può sembrare chiaro, a prima vista escludente la visione aliena come sua precisa struttura di riferimento. Una lettura veloce infatti aiuta a disegnare la nostra società per quello che è stata e che è (sono “atterrito”, a dirla tutta in termini di paura, nello scrivere pure “quello che sarà” ma tant’è.., sulle pessime proiezioni del nostro futuro più prossimo, stando anche ai transiti micidiali imposti dal due guerriero Plutone-Urano in quadratura tra loro in questi anni pesanti..). E’ vero che colpisce al cuore la politica guerrafondaia dell’odierna America, ma ripropone un pensiero anche ai tempi passati, quando il genocidio già rappresentava un buon compromesso per raggiungere i propri fini. Da parte di qualsiasi popolo infatti. Machiavelli lo ricordava nel Principe, e per questo lo detesto. Un fatto da sottolineare è la barbarie che porta con se l’evoluzione dei popoli: una certa tipologia evolutiva…!! La semplicità è sinonimo di purezza e pace, mentre la complessità porta funestamente nel proprio grembo freddezza e cinismo.. Sentimenti che puntualmente si ripresentano in Avatar. Le tribù native che con le loro tradizioni aprono un nuovo mondo a quello chiuso dell’uomo tecnologizzato. Anch’egli una volta semplice e puro, ma che ha barattato tali sentimenti per primeggiare sugli altri e viverne sulle sofferenze. Infatti il film sottolinea, anche, che la redenzione è possibile per quelli che volgiono ritornare ad imparare. Collegarsi con quella parte della coscienza che forzatamente si tiene sopita, in modo da giustificare, ai propri occhi, scempi come massacri di innocenti per i soli, meri, fini materiali….!! La questione è davanti gli occhi di tutti nella realtà delle faccende di casa nostra ma anche nell’anima mundi contemporanea probabilmente stravenduta all’oligarchia dell’Elite mondialista e alla globalizzazione destrutturante i principi originari e inalienabili di tutte le nazioni del mondo.. Una scena particolarmente significativa è stato l’attacco del protagonista verso il più grande volatile di Pandora, dove il film raggiunge la sua altezza migliore: “Perchè il più grande predatore del cielo dovrebbe guardare in alto dove, in teoria, non teme attacchi?” Una frase che suona come epitaffio per i gradassi e gli spacconi di questo nostro tempo. Da questo punto di vista Avatar è un film scomodo, smaschera quella parte di “se stessi” che vuole cancellare ogni umanità e compassione nelle persone accecate dal potere. Questo fa male, è uno specchio che abbaglia e ricopre di vergogna. E’ come quando il giovane Gray vede l’orribile immagine che è ritratta in quel marciscente quadro: brutta, orribile, contorta. Si mettono veli su veli, per ricacciarla ma lei è sempre lei, che scalcia per uscire fuori. Mi rendo conto che siamo ben lontani dalla parte in cui la spada trafigge il ritratto, ma ad ogni sussulto il muro di bugie ed autoinganni si sbriciola. E a volte quel sussulto provoca l’uscita del mostro, rappresentato in tutta la sua orripilanza da questa frase che accusando il film di promulgare retorica anti­guerra, dice: “Come se essere contro la guerra fosse un male…!!! Rendiamoci conto..!! La verità però di questo film è quella che mi piace definire aliena: Cameron, legato com’è al Centro Galattico, parla della verità aliena alla quale già una cospicua massa di persone si è incamminata a comprenderne le basi..

Vorrei invece che si riflettesse sulla capacità degli esseri umani di non vedere ogni cosa, soprattutto quando li riguarda da vicino, come quando si è chiamati a giudicare le azioni e i pensieri di chi crediamo, senza alcuna prova reale, ma solo per convinzione pre-confezionata, essere persona corretta, buona, giusta: UN PO’ COME LO ERANO I BIANCHI CONTRO GLI INDIANI D’AMERICA..!!!  L’astrologia, con la sua tecnica d’indagine, insegna mirabilmente a capire sempre l’interezza del pensiero, cioè insegna a vedere l’intero asse di riferimento e non un sol punto: il punto su cui giace un pianeta o un angolo o altro. Niente è solo una cosa. Esiste l’Ascendente in quanto c’è il suo Discendente, esiste il Mediocielo in quanto c’è il Fondocielo, nulla è separato completamente dal suo opposto perchè ogni cosa è parte del suo contrario e viceversa.. E’ assolutamente evidente che il bello lo è in quanto si conosce il brutto, altrimenti sarebbe fine a se stesso e quindi inesistente come principio di bellezza.. Per analogia ogni giudizio, ogni decisione, ogni critica andrebbe vista, per così dire, …astrologicamente…, è il mio augurio e la mia speranza, anche per non dover rileggere (bene che vada…) quegli scempi così ignobilmente perpetrati nei confronti di esseri umani, uguali a noi, in tutto e per tutto.

       Roma 25.02.2009                                     Dr. Claudio Crespina

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Riguardo L'autore

Redazione Il Nadir

Il dr. Claudio Crespina, astrologo, filosofo, counselor psicologico-comportamentale e ricercatore nasce sotto il segno del Capricorno a Roma, una città così significativa e simbolicamente attraente, per i suoi continui richiami storici ed esoterici che credo superfluo e inutilmente ripetitivo spiegarne la grandezza e l’importanza.

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